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Negli occhi di Timea
Luca Poldelmengo firma l’ultimo capitolo del dittico sulla Red, la squadra scientifica della polizia che utilizza l’ipnosi come metodo di ricerca investigativa per i crimini più difficili.
Il corpo d’élite aveva il compito di rintracciare i POV, i testimoni inconsapevoli della scena del crimine, prelevarli. Per setacciare l’inconscio.
Uno sparo improvviso in chiesa, il rumore forte delle macchine che compaiono all’orizzonte, e un trattore che dopo essere risalito da una mulattiera, incrociando la strada provinciale, si ferma di colpo. Una banda di uomini incappucciati inizia a sparare, all’impazzata. Gli agenti di scorta scendono dall’auto blu e Leka, insieme a sua moglie, vede rimbalzare alcuni proiettili sui cristalli blindati. È la fine. Gli occhi di una piccola bambina vedono un uomo del commando trascinare Padre Diomizio fuori dal tabernacolo. Lo afferrano per il colletto e il sacerdote inizia a scalciare mentre giace riverso per terra sulla schiena. E poi la bambina sente lo sparo, dopo l’ultima preghiera del sacerdote.
Le urla della piccola Timea iniziano a rimbombare, risucchiate dalla strage compiuta.
È passato un anno dal giorno in cui i gemelli Vincent e Nicolas Tripaldi sono scappati in Albania, costretti a fuggire da un ordine di arresto. Erano i capi della Red, coinvolti in un gioco di potere più grande di loro. Tutta la squadra è stata smantellata.
Timea è l’unica testimone dell’omicidio. Ha solo cinque anni. Cosa faceva lì, da dove viene?
È così che inizia il tragitto di questo nuovo romanzo pubblicato da Edizioni E/O nella collezione Sabot/age, avvolto dalla nube di una strage, connesso con un difficile passato, una cella dalle pareti umide con forme ambigue dove era rinchiusa Sara, una tra le poche persone capaci di distinguere Vincent dal fratello, e che ora è lì, davanti a lei, in quel braccio del carcere duro nella convivenza con altre detenute che non vedono di buon occhio la presenza di un’ex poliziotta tra di loro. Anche lei era stata frugata tra i ricordi con l’ipnosi ipermnesica, era stata usata per rintracciare gli altri della squadra, e rivede i segni lasciati dall’ago sul suo braccio, con quell’odore acre del sedativo sulla propria pelle.
Erano anni che l’ex commissario Vincent Tripaldi non conduceva un’ipnosi senza l’ausilio dell’ologramma. E questa volta proprio su Timea, con accanto Dingo, il suo piccolo peluche di coccodrillo.
Vincent era stato messo a capo della Red dal professor Luca Basile, e ora cerca la vendetta.
Luca Poldelmengo mette in scena un noir mozzafiato, svelando le intime contraddizioni dell’animo umano, un poliziotto alla ricerca della verità e una coscienza divorata nel porre fine a un passato con la morte violenta dei colpevoli, alternando in ogni capitolo la voce dei personaggi. Ben calibrata è anche la scelta di utilizzare la prima persona per far parlare l’ex commissario. La struttura del romanzo è articolata in brevi capitoli che si alternano come schegge di verità in una corsa contro il tempo. Sullo sfondo di un intrigo internazionale, Poldelmengo riporta in superficie tutte le ombre del male, nella battaglia con i piccoli occhi di una bimba immersi in una realtà senza scampo, sospesa nel tempo. Sarà proprio il baluginare di questi occhi a far uscire le ferite, e a ricucire la collera contro un nemico potente senza scrupoli, la sofferenza, con il futuro ignoto.
Timea è l’immaginario di una bambina dove aleggiano speranze accanto a demoni, proprio come per l’ex Commissario.
È la sfida di un poliziotto intrappolato in un destino che se vuole vincere dovrà mettersi sullo stesso piano del suo nemico. Sconfiggendo una parte di sé. Proprio qui l’autore mostra la piena consapevolezza del suo armentario, anche di sceneggiatore, usando la scrittura come un piccolo zoom sulla mente del personaggio, sulle azioni, sviluppate nei minimi gesti, per enucleare la rabbia, la ragione di quella follia, la scelta tra il bene e il male. E l’impossibilità a trattenere un passato doloroso. |
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Alberto Sagna |
19-12-2018
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