Thriller e suspense nel mondo reale: Alexandra Schwartzbrod in Addio Gerusalemme
Le rime della letteratura di genere non tar- dano a sfiorarsi, per quasi collimare con le radici fondamentaliste di una lotta senza confini, proprio laddove il fronte degli av- venimenti drammatici è in espansione. È la mentalità, sul versante apocalittico, escatologico, la percezione sensibile del reale, con il suo complesso meccanismo di relazione, che lentamente sta dettando l’agenda di un profondo cambiamento in- terpretativo del gusto letterario. Ciò che fa la differenza è in quale modo lo stato d’animo viene colto, raffigurato, e restituito attraverso il racconto episodico di una dissimulata attesa per un futuro preconizzato, intaccando la morale e la psicologia, anche dell’uomo normale, nel quotidiano. Segreti, intrighi, ed un filo diretto mass-mediatico a contatto con un contesto contaminato da attacchi terroristici, rapimenti e giornalismo d’inchiesta, finiscono per condire la trama di questo nuovo thriller.
Leone Editore ha messo a segno un buon colpo pubblicando Addio Gerusalemme (pagine 352, prezzo 14,00 euro), di Alexandra Schwartzbrod, giornalista di Libération sin dal 1994, con il ruolo di corrispondente di guerra a Gerusalemme durante l’ultima Intifada. Da questa esperienza ha tratto il suo primo libro, Balagan, vincitore del premio SNCF du polar. Il romanzo Addio Gerusalmme non a caso è inserito nella collana Mistéria, perché qui gioca un ruolo fondamentale l’alternanza di scenari diversi, arcani, dalla Mecca a Tel Aviv, da New York a Istanbul, in una reazione a catena di suspense, eventi inaspettati che corrono sul filo del vento di guerra, e che impietosamente si abbattono sui confini, sulle terre, sulle vite, sgretolandole, per togliere l’ultimo anelito di esistenza normale, banale, senza rischi.
Kazan, Russia: un modesto impiegato dell’istituto scientifico si appresta a compiere il pellegrinaggio alla Mecca, ma alla vigilia della sua partenza il laboratorio esplode. Ne esce illeso, riesce a partire, ma nel suo viaggio sarà accompagnato da un’oscura visitatrice che si credeva dimenticata. La peste. Proprio lui introdurrà il morbo nella Città santa, dando il via ad un intreccio particolare, per nulla scontato, dentro una calibrata alternanza di storie.
Uno scenario futuribile e apocalittico, per un thriller senza respiro che ha sbaragliato la concorrenza al Grand Prix de Littérature Policière 2010.
Uscito nel 2012 è un romanzo che ancor oggi evoca quelle condizioni emotive, sensoriali, che naturalmente connotano il clima di uno scenario ineluttabile ed inaspettato, mosso da fatti che si riannodano, prepotentemente, nella cronaca, tessuti attorno al reale, che lambiscono, e danno testimonianza di un futuro scomodo, forse non più (solo) immaginario. L’effetto cupo che sovrasta, un mondo, una terra, e che smarrisce i sensi, viene reso con una scrittura che accompagna il lettore in questo percorso esperienziale, creando, abilmente, un immaginario, nella profondità di una trama. E, nello sfondo, aleggiano i retroscena politici, le crisi internazionali sistemiche, gli anelli di raccordo tra i passaggi da un luogo all’altro, in un’atmosfera di solo apparente disordine. Perché dove c’è la guerra c’è anche il caos, ma lì regnano incontrastati i veri intrighi di potere. Diceva Nietzsche “E se guarderai a lungo nell’abisso anche l’abisso vorrà guardare in te.” Anche questo è un segnale che la letteratura non può spegnersi di fronte a scenari di guerra, ma ha il ruolo di sentinella, non imbrigliata, in quei luoghi dove esistono assonanze, dissonanze, punti di contatto e zone di contrasto. Proprio qui la letteratura si erge a specchio, cogliendo le atmosfere.
La visione d’insieme dell’autrice in questo romanzo, dunque, si sente davvero, non solo nella forza espressiva, che ha una sua caratterizzazione, ma anche quando costruisce, cucendo a mano, abili ricami di scenari oscuri, in una chiave narrativa efficace, con un ritmo inarrestabile che travolge il lettore. |