Ionesco rivive a Roma ne "La cantatrice calva"
Alla Casa delle Culture, dall'8 al 20 gennaio 2013, la pièce - definita dall'autore anticommedia - con in scena sei attori e l’assurdità del borghese conformismo
È di scena a Roma, alla Casa delle Culture, un appuntamento imperdibile col teatro del- l’assurdo: dall’8 al 20 gennaio, infatti, la Compagnia Ginepro Nannelli è sul palco con “La cantatrice calva” di Eugène Ionesco con la traduzione di Gian Renzo Morteo e re- gia di Marco Carlaccini. Un incontro-scontro dialettico e di emozioni che diventa feroce.
Sul palco fanno capolino due strampalate coppie - gli Smith e i Martin -, poi anche un pompiere e una cameriera, che conversano amabilmente (a loro modo…) raccontandosi aneddoti. Una conversazione, la loro, infarcita da una quantità imprecisata di frasi fatte e che via via scivola in uno stato subdolo di aggressione e ambiguità, dove le armi - acuminatissime - sono il linguaggio, che puntella una frustrazione strisciante. Una rappresentazione senza pietà degli archetipi borghesi più insulsi, dove tutti parlano ma nessuno comunica realmente, e dove convenzioni, banalità e totale assenza di emozioni autentiche, sono le sbarre di una prigione soffocante.
La paradossale situazione, tra il comico e il grottesco, è sintetizzabile con la bizzarria del titolo: non c’è alcuna cantante calva da aspettare (non viene nemmeno evocata). Ma letteratura vuole che sia il risultato di un lapsus di un attore durante le prove. Ecco, l’incoerenza di questo elemento è l’ultimo vessillo del Ionesco pensiero, reso sulla scena da Morteo e Carlaccini. Il regista stesso racconta: “La pièce - definita dall’autore anticommedia - è il primo esempio di un genere teatrale allora ai suoi albori, il teatro dell'assurdo, in cui la vicenda subisce uno straniamento tramite l'utilizzo esasperato di frasi fatte, dialoghi contrastanti, luoghi comuni”.
Menzione infine per il sestetto di attori in scena - lo stesso regista, Marco Carlaccini, e Claudio Capecelatro, Sara Poledrelli, Patrizia D’Orsi, Xhilda Lapardhaja, Ludovico Nolfi -, capaci di rendere il testo altamente fruibile e atrocemente emblematico di una società votata all’autodistruzione. |